VINCENZO SAMMARTANO – Uno degli effetti diretti del conflitto Russia Ucraina è, insieme al caro energia, anche il rischio di approvvigionamento energetico per il fabbisogno nazionale.

Il conflitto mette a nudo l’ipocrisia tutta italiana, capace di demolire qualsiasi proposta reale e di prediligere invece soluzioni non supportate dall’ingegneria o dall’economia.
Paghiamo le visioni utopistiche degli ambientalisti ultra ortodossi. Quelli che le pale eoliche rovinano il paesaggio. Quelli che, basta con le trivellazioni, però nel mar Adriatico i croati ringraziano. Quelli che il nucleare no, però importiamo energia nucleare dalla Francia. Quelli dei no ai rigassificatori la cui mancanza ha di fatto legato il nostro fabbisogno energetico al gas russo.
Prima di questa illogica guerra, l’Italia si preparava ad affrontare un epocale transizione energetica partendo da una posizione di estrema debolezza: l’Italia importa la maggior parte del fabbisogno energetico dall’estero. A peggiorare la situazione, la distribuzione dei fornitori: il 40% del gas che importiamo è russo.
Dopo lo scoppio della guerra il panico. E se la Russia decidesse di fermare l’esportazione del gas? Non è una possibilità remota, infatti il governo ha ben pensato di riattivare le centrali a carbone (con buona pace del riscaldamento globale) e allo stesso tempo di cercare di aumentare il flusso di gas che arriva in Italia dall’Algeria e dalla Tunisina passando per Mazara del Vallo e dalla Libia con il gasdotto che passa da Gela.
Un modo per gestire la crisi, differenziando i paesi fornitori di gas, potrebbe essere l’uso del gas naturale liquefatto (gnl). Il gas naturale viene estratto allo stato gassoso, poi viene compresso, diventa liquido e può essere trasportato tramite apposite navi. Arrivato a destinazione, il gas viene trasferito negli impianti di rigassificazione (passa dallo stato liquido allo stato gassoso) e messo in rete. Qatar, Nigeria, Angola, Mozambico alcuni dei possibili fornitori.
Ma l’ipocrisia italiana ha bloccato la realizzazione di 3 rigassificatori. Due in Sicilia ed uno in Puglia. Ne abbiamo solo 3 e questa limitata capacità di rigassificazione è garantita degli impianti di Panigaglia, Rovigo e Livorno.
Questa riflessione sul gas, dimostra che dal punto di vista energetico, avevamo già grandi difficoltà prima che scoppiasse la guerra tra Russia e Ucraina.
Adesso, chiunque ricopre cariche politiche deve necessariamente aprire un dibattito senza pregiudizi sulle fonti energetiche che l’Italia intenderà utilizzare per soddisfare il futuro fabbisogno energetico, fermo restando che siamo tutti concordi che il cambiamento climatico ci impone scelte difficili che non sono rimandabili.
Chiudo questa riflessione con un racconto. Mi trovavo a Baku, in Azerbajan. In una sera di inizio estate, ricordo che ad cena con colleghi provenienti da diverse nazioni, si discuteva di ambiente, di energia e del futuro delle fonti fossili. Ma anche di quanto difficilmente venisse percepito dal consumatore il fatto che ogni bene per essere prodotto ha bisogno di una quantità definita di energia. Che ogni volta che si va al supermercato, non si acquistano beni, ma in realtà si acquista energia in altra forma. A quel punto, uno di loro disse: sarebbe bello se insieme alla tabella delle calorie ci fosse inserita anche una tabella indicante l’energia necessaria per la produzione di quel bene bene. Alla fine pensammo che erano discorsi da ingegneri.
Invece forse non lo erano. Oggi sono più che mai convinto che se ci fosse stata una maggiore conoscenza o consapevolezza dell’impatto dell’energia sulla nostra vita, forse non ci troveremmo in queste condizioni.