VINCENZO SAMMARTANO – Capita ogni anno, che dopo le vacanze si ritorna a scuola. In tempi di pandemia, capita che i contagi salgono nei mesi più freddi, quando la quotidianità è svolta al chiuso. Capita che durante le feste, la voglia di stare insieme è più forte della paura di essere contagiati. È successo lo scorso anno. È successo quest’anno. E probabilmente succederà anche il prossimo anno. Perché con il virus ci dovremo convivere per molti anni ancora. Quanti non lo sappiamo. Dipenderà dalla scienza e da come muterà il virus.

Il presidente Draghi ha spiegato la scelta: “La scuola è fondamentale per la democrazia, va tutelata, va protetta, non va abbandonata”. E ha aggiunto che “basta vedere gli effetti causati dalla didattica a distanza per convincersi che questo strumento provoca diseguaglianze tra i giovani”.
Si può essere contro o a favore la posizione del Presidente del Consiglio. Ma bisogna sempre distinguere la causa e l’effetto. Il dibattito sulla scuola, tra il governo centrale e le Regioni, è l’effetto di una disorganizzazione della gestione della pandemia a livello locale. Questa è la vera causa.
C’è un ritardo organizzativo di fronte alla nuova e prevedibilissima ondata pandemica. Se la Regione Sicilia, e la Provincia di Trapani in particolare si trovano quasi nelle stesse condizioni di inizio pandemia, significa che quello che poteva essere fatto non è stato fatto. Troppe parole. Troppe passerelle. Pochi fatti.
Non sono stato potenziati a sufficienza gli ospedali. Non è stato potenziato il tracciamento. Non è stato pianificato, per esempio, un ritorno a scuola con gli screening di massa.
Le vacanze natalizie potevano essere sfruttate meglio per permettere il ritorno a al scuola in piena sicurezza. Ci sono degli evidenti problemi organizzativi e probabilmente di capacità e competenza.
Sergio Marchionne diceva: La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo. La ‘collective guilt’, la responsabilità condivisa, non esiste. Io mi sento molte volte solo.
La leadership condivisa non esiste. Così capita che chi viene eletto debba prendere delle decisioni. Capita che chi viene eletto debba assumersi le sue personali responsabilità e quelle delle amministrazioni ed enti che rappresenta.
In Sicilia la politica ha deciso di non decidere, preferendo il gioco degli scarica barile, che in realtà sono solo una chiara ammissione di incapacità. A volte sarebbe più semplice chiedere scusa. Ma non in Italia. Non in Sicilia. Non prima delle elezioni. Quando è meglio rimanere fermi e ben nascosti.
Calati iunco chi passa la china.