VINCENZO SAMMARTANO – C’è un grande fermento in Europa. Tanto fermento che uno dei problemi principali da affrontare è la disponibilità di manodopera qualificata. Dal punto di vista energetico, l’Europa tra 15 anni sarà molto diversa rispetto a quella che conosciamo oggi. Tanti i progetti. Alcuni ancora in fase di studio. Altri pronti per essere realizzati. Idrogeno verde, idrogeno blu, cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica, eolico, nucleare, biodiesel e qualche rigassificatore.
Germania, Olanda, Francia, Svezia, Norvegia ma anche Slovenia, Ungheria, Polonia e Romania. Tutti questi paesi hanno individuato una road map per riuscire a raggiungere la neutralità di emissioni nel minore tempo possibile.
Dietro questa corsa ad un nuovo modello di sviluppo energetico c’è la consapevolezza che la società moderna necessità di molta più energia rispetto a quanto ne produciamo oggi. C’è la consapevolezza che i nuovi equilibri geo-politici possono mettere a rischio la fornitura di fonti energetiche a costi ancora sostenibili per la competitività delle aziende. C’è la consapevolezza che il cambiamento climatico è realtà e le emissioni di CO2 devono necessariamente diminuire nei prossimi due decenni.
In tutto questo fermento, c’è la sensazione che l’Italia sia nuovamente ferma. Immobile. Indecisa. Non ci sono investimenti strutturali nel campo energetico. Si continua a viaggiare a vista senza una visione di quello che sarà l’Europa tra 15 anni.
Da un punto di vista energetico, il rischio è di trovarci tra un decennio a dipendere dall’estero molto più di oggi. Il rischio è quello di rendere le nostre aziende non competitive a causa di costi energetici sempre più alti.
Il rischio è di perdere l’opportunità di ammodernare un Paese che, da un punto di vista infrastrutturale, negli ultimi 30 anni, è cambiato veramente poco.
