
Venerdì 5 agosto, alle ore 19,30, il palco del teatro a mare “Pellegrino 1880” della Salina Genna (Marsala) accoglierà la band prog/post-rock “Il Castello delle uova” nell’ambito della rassegna “a Scurata Cunti e canti al calar del Sole – Memorial Enrico Russo”, ideata dal MAC-Movimento artistico culturale città di Marsala. La band, da oltre vent’anni, produce sonorità uniche nel suo genere, che vengono portate sul palco attraverso rappresentazioni teatrali intense e suggestive. Una storia che cammina perfettamente sui binari paralleli dell’attualità, della politica e dei conflitti mondiali che inevitabilmente influenzano il corso degli eventi, ma che si incrociano anche nella piccola quotidianità di molte persone che hanno sempre qualcosa da raccontare. Dal 2001 ad oggi sono diverse le pubblicazioni della band all’attivo. “L’enigma del Capitale” è l’ultimo album in studio, pubblicato sui canali digitali nel 2020 e ristampato in edizione limitata nel 2021 su CD per Seahorse Recording.
Abbiamo intervistato Abele Gallo (batteria), Pietro Li Causi (chitarre), Benny Marano (voce recitante), Ambra Rinaldo (basso), Salvatore Sinatra (piano elettrico e tastiere) che ci hanno parlato dell’imminente live e del disco.
Vi esibirete alla Salina Genna, a Marsala. Quale esibizione vedremo?
Pietro Li Causi (PLC): Presenteremo “L’enigma del capitale”. L’album è un concept, e racconta in musica e in versi le conseguenze della crisi del 2008, gli effetti devastanti del tardo-capitalismo e dell’ideologia neoliberista sulle nostre vite. Uno degli epicentri narrativi della storia che vogliamo raccontare è proprio Marsala, con il bombardamento alleato dell’11 maggio del 1943 e il sacrificio del sindacalista Vito Pipitone. Abbiamo trattato questi due eventi traumatici come se fossero una allegoria della condizione contemporanea, ma abbiamo anche cercato di pensarli come una traccia da seguire per un possibile riscatto e una rinascita. Il fatto di raccontare queste vicende proprio a Marsala, che fra l’altro è la città in cui quattro di noi sono nati, ci emoziona molto. Speriamo che i Marsalesi rispondano al nostro appello, che vengano a vederci, e che abbiano la pazienza di ascoltarci con attenzione… sarebbe bellissimo!
Quale formazione suonerà dal vivo?
Abele Gallo (AG): Oltre a me alla batteria, ci saranno Pietro Li Causi alle chitarre, Salvatore Sinatra al piano elettrico e alle tastiere, Ambra Rinaldo al basso e Benny Marano alla voce recitante. Per l’esecuzione di uno dei nostri brani, “Eserciti industriali di riserva”, ci sarà anche, come ospite d’onore Ninni Arini, che è un nostro caro amico, ed è stato anche il cantante del gruppo con cui io, Pietro e Salvatore abbiamo suonato per anni e anni prima del castello delle uova: i BraindeaD.
Cosa bisogna aspettarsi da questo live?
Salvatore Sinatra (SS): Gli originali dei brani che suoneremo erano stati registrati in studio con varie sovraincisioni di chitarra e di tastiere. All’inizio avevamo pensato di farci aiutare da alcuni musicisti aggiuntivi per ricreare le stesse atmosfere dell’album. Poi però abbiamo optato per ridurre tutto all’essenziale. Pensiamo che questa scelta possa contribuire ad aumentare l’intensità e la carica emotiva dell’esibizione.
Ambra Rinaldo (AR): Aggiungo che in molti momenti del concerto lasceremo molto spazio all’improvvisazione. Allenteremo la presa e cercheremo di ascoltare i flussi di energia che ci attraverseranno. In questo, il nostro live renderà i brani originali… metamorfici.
“L’enigma del capitale” è il vostro ultimo album in studio. Parliamo un po’ del disco, che suonerete anche dal vivo. Come nasce?
PLC: L’album ha una gestazione molto lunga. Il progetto iniziale era quello di costruire una sorta di colonna sonora dell’omonimo saggio di David Harvey – “L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza”, tradotto in Italia per Feltrinelli nel 2011. Poi siamo andati aggiungendo altri snodi narrativi. Ad esempio, l’idea di associare il bombardamento di Marsala alla crisi dei mutui subprime nasce da un mio viaggio negli USA del 2009. Mi trovavo a Philadelphia, all’indomani della grande crisi, ed ero rimasto colpito dallo squallore delle strade del centro e dall’aspetto triste, trasandato e rassegnato della gente che andava in giro. Ad anni di distanza, nel vedere foto e filmati della Marsala del ’43 devastata dai bombardamenti, ho capito che la crisi aveva avuto un effetto simile a quello della guerra. Semplicemente, aveva lasciato altri tipi di detriti e di macerie. L’altra illuminazione è stata la scoperta di una foto che mio padre ancora oggi tiene con sé nel suo portafogli assieme alla foto di mia madre. È una foto che lo ritrae ventenne – e somigliantissimo a me quando avevo la sua età – accanto a Vito Pipitone, il sindacalista marsalese brutalmente ucciso dalla mafia poco dopo le occupazioni di una serie di feudi organizzate per chiedere a gran voce la piena applicazione della Legge Gullo. Mi sono fatto raccontare la sua storia, e ho proposto ai ragazzi di… inserirla nel nostro impasto sonoro.
AG: Abbiamo impiegato circa sette anni per realizzare questo album. Se ci abbiamo messo tanto non è stato solo per problemi logistici – pensa che viviamo in cinque città diverse: Pietro vive a Palermo, Benny vive in provincia di Brescia, e per un periodo Ambra ha vissuto fra Petrosino, Milano e Berlino. Il fatto è che questo album è stato per noi come una lunga elaborazione del lutto. Durante la sua lavorazione molte persone a noi care sono venute a mancare. Alcuni di noi hanno combattuto con le lunghe malattie dei nostri genitori… e poi c’è stato il lockdown. Raccontare la crisi – in un momento terribile come quello dell’inverno del 2020, durante il quale abbiamo lavorato al mastering dell’album a distanza – significava raccontare il senso stesso della perdita e della catastrofe, e la necessità di trasformarla in… impulso e slancio vitale.
Benny Marano (BM): Sì… io, fra l’altro, ho dovuto fare i conti con la… lontananza. Ho partecipato alla composizione dei testi nei pochissimi giorni in cui riuscivo ad essere in Sicilia per le incisioni. E sono contento di aver dato il mio contributo. Pietro mi ha illustrato il suo progetto e io ho subito scritto di getto alcuni versi cercando di coglierne lo spirito…
AR: … e questi versi a noi sono piaciuti moltissimo e sono diventati parte integrante di due brani dell’album.
SS: È comunque importante sottolineare che non è solo sulle storie che abbiamo lavorato, ovviamente. Se Pietro e Benny hanno curato i testi, tutti insieme abbiamo cesellato in maniera a dir poco maniacale i suoni. Rispetto al precedente album, “Appunti sonori per una cosmogonia caotica”, “L’enigma del capitale” è sicuramente più difficile da ascoltare. Se il primo lasciava spazio all’esuberanza e perfino all’ironia, quest’ultimo fonde una certa vena del rock duro degli anni ’70 e ’90 con certe sonorità ambient tipiche del post-rock contemporaneo e della psichedelia più tradizionale. Abbiamo lavorato molto per dare il nostro marchio a questa miscela di generi.
AR: È vero. Aggiungo che mentre i suoni del precedente album – al quale non avevo partecipato – erano leggeri e quasi liquidi, le tematiche de “L’enigma del capitale” richiedevano un ritorno a un certo tipo di rock più viscerale e… high gain. Prima di unirmi al castello io mi ero data all’avant jazz, ma questo ritorno ai suoni primordiali mi ha risvegliato emozioni che credevo sopite. È stato come tornare a quando da ragazza ascoltavo i Soundgarden!
Com’è stato per voi preparare i brani del disco per il live?
AR: Ti rispondo di getto: è stato divertente, intenso… catartico, ma anche complicato. Nel primo periodo, quando ancora facevo base a Milano, provavamo solo quando riuscivo a trovare un volo per la Sicilia. Ed era molto complesso trovare gli incastri. Ognuno di noi, del resto, ha vite molto complicate, e abbiamo tempi di vita non del tutto compatibili. Ma siamo riusciti a trovare il bandolo della matassa… anche perché la voglia di vederci e stare insieme è davvero fortissima. Insomma, è come se, nonostante tutti gli eventi avversi gli astri si fossero allineati per farci questo dono: l’avere realizzato insieme “L’enigma del capitale”.
“L’enigma del capitale”, dunque, ha avuto un processo di lavorazione lungo. Ma è un disco attualissimo, sia nei suoni che nei contenuti. Quale messaggio devono comprendere i vostri ascoltatori per capirvi? Qual è la chiave giusta per comprendere a fondo la vostra musica?
SS: La chiave giusta? Lasciarsi andare e abbandonare ogni forma di pregiudizio. La nostra musica fonde diversi generi cercando di superarli e di re-inventarli. Per chi è abituato all’ascolto distratto o alla gabbia dei generi, questo può risultare spiazzante… ma la vita è cambiamento. E a noi piace cambiare, trasformarci e… trasformare il mondo che ci gira intorno.
AR: Esatto… questo è in fondo il messaggio che vogliamo dare: il cambiamento è possibile. Ed è possibile ritornare a pensarsi come entità collettive, superando la disgregazione e la parcellizzazione che il neoliberismo ci impone.
PLC: Aggiungo una piccola cosa però, su cui tutti, credo, siamo d’accordo. Pensarsi in chiave collettiva non significa uniformarsi al pensiero dominante. In questi giorni in cui sono stato per le prove a Marsala, da dove manco da tanto tempo, mi è capitato di sentire i discorsi pubblici di alcuni politici locali. Ho notato che alcuni di loro – uno in particolare – utilizzano come un maglio la retorica della comunità in una chiave del tutto irenica e scivolosa. Questi politici bollano come antisociale ogni forma di critica e ogni deviazione da quello che loro pensano come senso comune. La loro idea di comunità è quella del consenso drogato di chi non deve disturbare il macchinista. Ecco… con i racconti de “L’enigma del capitale” noi vorremmo ricordare che le comunità non possono neanche esistere senza il conflitto… ed è per questo che abbiamo scelto suoni a tratti ruvidi e duri. Il termine ‘conflitto’ non è, come molti credono, un sinonimo di ‘guerra’ o di ‘aggressione’. Il conflitto, la divergenza di proposte, idee e opinioni, è la base della democrazia e può – anzi… deve – essere gestito, e non annullato. Senza il conflitto le democrazie collassano, e le ingiustizie trionfano. Oggi assistiamo a un mondo in cui le differenze sociali si moltiplicano a dismisura. In questo mondo chi tenta di canalizzare il malessere e i disagi non li trasforma in proposta politica popolare e alternativa, ma in rigurgito di odio.
BM: Ecco, Pietro dice bene… in questo senso la dignità dei contadini che hanno occupato i feudi, il dolore dei Marsalesi che hanno partecipato in massa ai funerali di Vito Pipitone vogliono essere un esempio. Sono il messaggio che vogliamo dare. Nei testi di cui io sono responsabile, tuttavia, io ho voluto esplorare il lato oscuro: il senso di fallimento di una generazione che non è riuscita a cambiare il mondo e a imporre le proprie idee, le macerie umane lasciate dai modelli imperanti, la fine del sogno e dell’utopia. Di queste cose parlano “Uno sguardo dalle macerie” e “Distruzione creatrice sulla terra”.
Oggi come vedete la musica contemporanea? Ci sono cose interessanti secondo voi?
BM: Confesso di essere affezionato alla musica di altre stagioni. Dopo aver scoperto Tom Waits quando ero ragazzo, pochissime altre cose mi hanno colpito della musica che è venuta in seguito. Fra le cose che mi hanno colpito naturalmente c’è stato… il castello delle uova, che mi ha acchiappato nel 2001 per farmi entrare nel suo mondo.
AR: È chiaro che ognuno di noi è cresciuto con determinati tipi di musica. Benny cita Tom Waits, ed io non posso dimenticare l’iniziazione ai Pearl Jam ad opera di mio fratello. Pietro adora i Led Zeppelin e tanti gruppi post-rock e post-punk, Salvatore ama alla follia i Black Sabbath e Abele i Queen, mentre Ambra è cresciuta a pane e Pearl Jam e Soundgarden. Siamo tutti legati alla musica di cui ci siamo innamorati quando eravamo ragazzini. Detto questo, tutti noi del gruppo siamo musicalmente onnivori. Ascoltiamo di tutto… tutti i generi, roba vecchia e roba nuova. Certo, la scena e le modalità di produzione e fruizione sono molto cambiate negli anni. MA secondo me anche oggi ci sono cose interessantissime. È però difficile che emergano e che si impongano e che durino, perché l’offerta è satura, e la possibilità di reperire gratuitamente musica ovunque – penso alle piattaforme o ai social – ci ha paradossalmente resi meno disponibili all’ascolto attento e immersivo. Chi, come noi cinque, è appassionato di musica sa come e dove scovarla e… continua a scambiarsela. Angelo, penso al gruppo Facebook del “Clan dei Musicomani”, al quale sia io che tu siamo iscritti!
AG: Non dimentichiamo però che mentre noi ci innamoravamo dei Led Zeppelin o dei Pink Floyd, chi oggi è ai primi ascolti rischia di diventare vittima dei talent e di scambiare per musica di peso quella che invece è la becera riproposizione di format televisivi.
SS: Ma se è a loro che ti riferisci, a me i Maneskin non dispiacciono affatto (ride).
BM: Aiutooooo! Salvo, ma che dici??? Vogghiu moriri! (in siciliano) (ridono tutti).
AR: Ecco, Angelo, da questa battuta di Salvo avrai capito cosa è il castello delle uova: uno spazio aperto in cui gusti e tendenze diverse e apparentemente contrarie convivono… in una miscela esplosiva! Dai, veniteci ad ascoltare il 5 agosto!