
La commemorazione dei defunti è una ricorrenza molto sentita al Sud Italia. Non si tratta soltanto di pranzi abbondanti, vestiti eleganti da sfoggiare di fronte ai parenti, dolciumi o giocattoli da donare ai bambini. Le famiglie portano addosso ritualità scandite nel tempo, di generazione in generazione. Quella più importante è portare un fiore ai propri congiunti che hanno lasciato per sempre la vita terrena. Non importa se sarà difficile parcheggiare l’autovettura, se la strada sarà lunga o se ci saranno lunghe code per arrivare a destinazione. Non importa neppure se raggiungere l’obiettivo comporterà fatica fisica. Alle famiglie non importa tutto questo. L’omaggio alle persone care, serve per mantenere vivo il ricordo e vale più di ogni fatica. I lunghi corridoi di marmo bianco e fiori appassiti, vengono attraversati in religioso silenzio. Ogni famiglia porta nel cuore il proprio dolore, la propria storia e i propri anni che lentamente si consumano attraverso le crepe sui muri, gli sguardi rubati tra passanti silenziosi che asciugano lacrime e condividono lo stesso condominio di abitanti silenti: solchi sul viso che diventate profondi, aridi e spogli, proprio come quei fiori sulle lapidi che lentamente appassiscono e cadono a terra, sprigionando in aria un odore acre, di non vita, che periodicamente viene rigenerato. La sacralità della morte in ogni sua forma, per chi rimane e il rispetto per chi è trapassato dalla vità terrena, dovrebbe essere preservato.

Purtroppo questa sacralità non potrà essere rispettata al cimitero dei Rotoli di Palermo, dove ci sono circa 1340 bare in attesa di sepoltura, da oltre due anni. Un problema che è destinato a degenerare ulteriormente e non sembra essere legato soltanto aila mancanza di strutture. Non sembra neppure essere cambiato qualcosa con il cambio di amministrazione comunale. Le bare sono state deposte sotto ai tendoni, sull’asfalto, accatastate su più file come pacchi postali, uno sopra l’altro, sotto il sole cocente che ha accelerato il naturale processo di decomposizione delle salme. Molte bare sono esplose. L’amministrazione ha pensato bene di tirarle fuori dal buio e in occasione del 2 novembre, le ha fatte pulire dalla polvere con un prodotto speciale. Mentre a Palermo i corpi dei defunti sono destinati ad accatastarsi per un tempo indefinito, al cimitero Monumentale di Poggioreale, a Napoli, piovono dal cielo. Si, esattamente. Non uno ma ben due crolli. Il primo è avvenuto in data 5 gennaio 2022, a causa di un’infiltrazione nel cantiere sotterraneo della metropolitana, mentre il 17 ottobre e, pare, non abbia nula a che vedere con la Linea 1. Bare sospese, macerie, cemento e corpi. Luoghi di pace che si trasmormano in veri e propri scenari di guerra, dove sembra impossibile rincorrere il silenzio. Sono tante le famiglie palermitane e napoletane che non potranno portare un fiore ai propri cari. Lapidi che non hanno volto, nomi o frasi scolpite in modo indelebile perché non esistono. Non esiste nessuna strada da consegnare alla memoria, nessun viale alberato da consegnare alle famiglie e nessun silenzio da consegnare al vento e al pungente odore acre dei fiori appassiti. Una sacralità interrotta bruscamente dal frastuono incessante e fastidioso della burocrazia: tanto sorda quanto incapace. Una burcrazia che molto spesso non capisce fino in fondo il silenzio che regna sovrano nel cuore di ogni famiglia che ha perso il proprio congiunto, che vive un lutto profondo, intimo, indescrivibile. Emozioni che non vengono spiegate a parole, che talvolta si perdono nel dolore di chi rimane e nell’immagine impassibile di chi invece osserva il mondo oltre la parete di marmo, senza invecchiare mai, sempre con gli stessi occhi ma con la capacità di ascoltare ogni cosa, con lo stesso impagabile silenzio. “La morte è un’usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare” (Borges).